Microprocessori

 

A modello dei veri computer ormai sempre più potenti e sempre più usati, si cominciò a pensare di realizzare una piccola unità centrale in un unico chip per consentire a chi progettava e costruiva circuiti con dispositivi a logica digitale, di realizzarli più comodamente e con maggior flessibilità programmando il comportamento voluto al pari di come lo si faceva sui grandi computer.


Qui a fianco è visibile uno dei primissimi microprocessori realizzato nel 1971 da Intel (si chiamava Intel 4004); la frequenza del suo clock era di 740 khz e aveva un bus a 4 bit attraverso il quale comunicava con altri chip della serie.  

Aveva 16 registri a 4 bit e disponeva di 46 diverse istruzioni. Nel 1974 nacque il suo successore (il 4040) con 16 nuove istruzioni e 8 registri aggiuntivi.


Il contenitore diversamente dal 4004 aveva 24 pin invece che 16.

Ma ecco finalmente il vero primo microprocessore a 8 bit, il famoso 8080 della Intel, anch’esso nato nel 1974 con clock a 2Mhz e contenitore con 40 PIN.

Nel 1976 la Zilog capeggiata dall’italiano Federico Faggin che aveva lavorato in Intel, decise di produrre un nuovo microprocessore a nome Z80 che utilizzava lo stesso set di istruzioni dell‘8080 ma con qualche estensione. Il clock della prima versione era a 2,5 Mhz ma subito dopo fu prodotta una nuova versione (lo Z80A) con clock a 4 Mhz.


Questo microprocessore fu popolarissimo ed anche io fui preso dalla passione per lui.

Fu così che con questi microprocessori ad 8 bit (8080 e Z80), nati come ho detto prima per consentire la realizzazione di prodotti industriali gestiti da una tecnologia digitale, si cominciò a pensare che con essi si poteva costruire anche un vero computer per uso personale.


Io che avevo ormai più di quindici anni di esperienza con i mainframe IBM, mi resi conto chiaramente che tra il grande elaboratore del mio lavoro e il piccolo Z80 non esisteva alcuna differenza se non una diversa potenza elaborativa; ma pensai anche, come avvenne successivamente, che il futuro di questi piccoli “ragnetti” avrebbero presto dato filo da torcere anche ai grandi elaboratori.


Con essi infatti si poteva veramente costruire un piccolo vero computer dal costo bassissimo; sarebbe bastato consentirgli di comunicare con delle piccole periferiche e di interagire con l’utente a mezzo di una tastiera per l’input e di un monitor video per l’output.


Ciò si verificò ben presto e i cosiddetti microcomputer (Spectrum, Vic 20 e Commodore 64, Atari e Radio Shack cominciarono ad invadere il mercato.


Il mondo degli appassionati si divise subito tra i seguaci dell‘8080 e quelli dello Z80, io appartenni subito a quest’ultimo gruppo di utenti e mi detti anima e corpo al suo studio ed utilizzo.